TRADUZIONE DI
Meaning of the meaning
di Wayne Muromoto Sensei
tradotto con il permesso dell'autore
Ricordo che era una di quelle cocenti, umide ed opprimenti estati tipiche di Kyoto, quando anche
solo stare fermi all’ombra crea secchiate di sudore. Eravamo in un momento di necessaria pausa dall’allenamento e stavamo bevendo te’
ghiacciato nella piccola sala riunioni del Dojo, raccolti intorno ad uno di quei tavolini bassi con un fornelletto Hibachi nel
centro.
Distrattamente presi in mano una copia della rivista Kendo Nippon che era stata lasciata li e,
scorrendo le pagine, trovati la fotografia di un noto maestro che dimostrava l’uso di una spada corta .
Mostrai la fotografia al mio Sensei:
Ero piuttosto stupito, perché sapevo che quel maestro aveva un sacco di studenti in Occidente che parlavano della sua tecnica sopraffina. Pensai, cinicamente, che forse c’era un po’ di gelosia professionale nella frase così insolita del mio sensei, o forse che aveva ragione, al tempo non potevo saperlo.
Ma dieci anni più tardi, mi ritrovai in un allenamento informale ed estemporaneo con un istruttore anziano di un'altra Koryu, e mentre chiaccheravamo durante le pause, arrivammo sull’argomento di quello stesso insegnante. Senza che io dicessi nulla, lui affermò “Oh, si, bhè, Sensei X è Ok, ma è come un buon artigiano… può conoscere la tecnica, ma non ha compreso il vero Riai”
Stupito, dissi all’istruttore che il mio sensei aveva usato le stesse identiche parole per descriverlo, così mi rispose “Huh! Bè, penso che le grandi menti pensino allo stesso modo”
Così, visto che Chuck Clark mi ha spinto a scrivere sul Riai, sono piuttosto esitante, perché io stesso sto lottando per comprendere il Riai dello stile che pratico, non vorrei mai avere la stessa reputazione dell’insegnante di cui parlavamo.
D’altra parte, sebbene sia molto difficile per me discutere del particolare e dindividuale Riai nel mio stile di Budo, potrei dire due parole sulla nozione generale di cosa sia il Riai.
Penso.
Bhè, vediamo.
Il mio fido dizionario Nelson dei Kanji definisce i due kanji che formano la parola Riai significano “Significato” o “Ri” (principio, verità) con –“Ai” (unire, incontrare, armonizzare). In altre parole, nel Budo, il Riai è il principio sottostante la tecnica.
Ok.. cavallette, so che state già saltando per avere ulteriori informazioni, mica può essere così semplice!
Va bene.. ecco qui:
La definizione di Riai è sufficiente per la maggior parte degli studenti, lo è sicuramente per l’allievo medio, di ceto medio, che sta seguendo un corso di arti marziali nel dojo di un centro commerciale, E’ ben più che sufficiente.
Stiamo parlando di studenti la cui volontà di modificare le proprie attitudini mentali, spirituali ed emozionali per potersi addentrare più a fondo nella cultura e nel carattere di un Arte di combattimento antica è quantomeno precaria, così non c’è nulla di male a fermarsi qui e lasciare che si diverta, se questo è lo scopo del dojo.
Oppure, immaginate di essere ad uno stage di Aikido con 50 o più praticanti, di diversi gradi di abilità.
Ma se lasciamo da parte la nozione che Riai sia la comprensione del principio cardine… di fatto, se studiassimo a fondo questa singola tecnica, troveremmo dei bellissimi e profondi principi che sono sottesi all’aikido tutto.
Prima di tutto, ma perché diavolo iniziamo in questo modo? Intendo dire, perché lasciare che il tizio in questione arrivi così vicino da afferrarci e perché mai poi dovrebbe afferrarci?
Una delle critiche maggiori portate all’aikido dai non praticanti è proprio che sia poco pratico, si affida alla nozione che la gente si afferri per i polsi, o che faccia questi ampi attacchi con la mano, come fossero affondi di spada.
Azzarderei che lo stesso si può dire del Karate, e per ogni altra forma di Budo. Se non si comprendono i principi base dietro l’arte, le vostre tecniche non risulteranno coerenti, starete facendo qualcosa, ma non ci sarà unità e coesione.
D’altro canto l’errore che fanno spesso i difensori dell’aikido è di cercare di difendere a priori QUEL particolare metodo (tipo l’afferrare il polso) e non insistere sul Riai, sul Principio cardine che quella forma insegna.
Ma perché poi dovremmo afferrare l’avversario?
ecco, qui è dove dobbiamo iniziare a comprendere veramente il Riai, abbiamo bisogno di una prospettiva culturale oltre che tecnica.
Certo, Lance ed alabarde potevano uccidere, ma le spade erano l’arma più spaventosa, immaginate un rasoio di 70cm che si avvicina, anche una lama più corta come un Tanto o un Wakizashi possono ferire gravemente e “in quel periodo”, la maggior parte delle persone portava addosso qualche tipo di lama per autodifesa, se non per status.
Così, se aveste dovuto attaccare qualcuno, quale sarebbe stata la vostra preoccupazione maggiore? La sua mano della spada, la destra, avrebbe afferrato la spada e cercato di estrarla per colpirvi, così avreste afferrato la mano e avreste tentato di colpirlo con un pugno, un calcio, uno schiaffo..qualunque cosa.. se aveste afferrato la sua mano con la sinistra, avreste potuto voi stessi estrarre un arma con la destra. Non avreste voluto lasciargli la possibilità di estrarre l’arma
Pertanto, il Riai può essere superficiale : L’avversario mi afferra la mano della spada, gli ruoto il polso e lo faccio cadere. Punto. Fine della storia.
Ma, ora che abbiamo spiegato questo, come spieghiamo le rotazioni sul posto ed i lanci?
Così, si apprende ad entrare nella guardia dell'avversario (Irimi) .. L’avversario ci afferra, noi ci muoviamo fuori dalla linea centrale, creando una nuova direzione di movimento senza dargli vantaggio e rendendo il suo attacco scomodo, che sia la presa al polso, un pugno, un manrovescio, un calcio, il PRINCIPIO di Irimi è sempre valido.
L’aikido ha iniziato con la presa al polso solo per il proprio bagaglio culturale, ed è ancora un buon modo per iniziare anche ai giorni nostri.
Se il pugno viene ritirato troppo presto per essere afferrato?
Ci sono altre parti del corpo che possono essere afferrate ( il collo, l’altro braccio, l’avambraccio ad esempio) per applicare pressione e squilibrio.
Un tempo i Principi cardine di un Arte erano contenuti spesso anche in succinti e misteriosi poemi ed aforismi; Muso Gonnosuke creo’ lo Shinto Muso Ryu dopo che una visione che gli suggerì di “Cercare lo Suigetsu con un tronco”, e questa semplice frase contiene realmente i principi cardine dell’uso del Jo (un bastone di 120cm), se sapete cosa guardare.
Nella nostra stessa scuola, la Takeuchi Ryu, ha diversi poemi ed aforismi che si suppone debbano aiutarci a comprendere il metodo, e più studio questa scuola, più realizzo che, come in altre arti marziali, la chiave per diventare veramente bravo è contenuta nel cercare di ritornare sempre ai Kata base, cercando di perfezionarli continuamente, poiché sono il preludio a tutti gli altri kata più avanzati.
Alla fine mi sono stati insegnati anche tutti i metodi di jujutsu OKUDEN, cioè le tecniche segrete che erano il fondamento di tutto il curriculum della scuola… Si sono rivelate essere delle tecniche semplici ed estremamente efficaci che, in un certo senso, ritornavano alla base, all’inizio, ma con un nuovo punto di vista sullo stato mentale e l’attitudine.
Naturalmente, l’unico modo di comprenderle veramente, era quello di avere una solida comprensione del Riai delle tecniche più semplici dei Kata base della nostra scuola.
E la cosa ,meravigliosa della comprensione del Riai è che esso è trasversale, dalla tecnica più semplice a quella più complessa, ma nella complessità c’è una stupenda semplicità, se compresa correttamente.
Traduzione di Loris Giopp - Asd Doushindojo
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Claudio Regoli Brizzi (giovedì, 13 luglio 2023)
Interessante
Salvino Bilancini. (lunedì, 12 agosto 2024 16:09)
Molto interessante e molto corretto. I Principi sono alla base dell'Aikido e di tutte le Arti Marziali. Tutto deriva e dipende da essi e dal loro rispetto. Io pratico Aikido da 50 anni ed ancora studio i principi sperando di migliorare la loro applicazione.
Loris giopp (lunedì, 12 agosto 2024 20:49)
Grazie del commento..
Già, anch'io trovo questo articolo molto veritiero