Mi ha sempre stupito come in alcune scuole di Jujitsu la percezione della qualità di una tecnica sia direttamente collegata al dolore che essa procura ad Uke...
Anzi.. in alcune scuole (molto serie e referenziate!) alcuni
praticanti si vantano di essere svenuti dal dolore durante la pratica.
Spesso queste scuole usano punti di pressione per incrementare
l'efficacia della tecnica, permettendo di praticare le tecniche su persone molto più forti o con muscolature molto pronunciate (Hakko Ryu e i suoi "derivati" per esempio) ed il concetto è
interessante.. in fondo, fin da quando eravamo bambini, le gesta di Ken il Guerriero ci hanno appassionato, ed in
quell'Anime i punti di pressione sono stati usati in un infinità di situazioni...
Ma siamo sicuri che il dolore continuo e reiterato
possa essere una pratica corretta per la nostra fisiologia? I microtraumi che subiamo oggi potrebbero creare un problema nel nostro non lontano futuro...
Certo, un minimo di allenamento alla sopportazione del
dolore dovrebbe essere parte integrante dello studio di qualunque arte marziale, anche solo un allenamento alla GESTIONE del dolore...
Imparare a conoscere il nostro corpo e sapere fino a quando possiamo resistere, o conoscere la nostra soglia del dolore per evitare
di farci male davvero... sapere quando battere per avvisare il compagno che siamo arrivati al limite, saper accompagnare la leva avversaria per limitare il dolore e, contemporaneamente, avvisare
che il dolore c'è.. e che la tecnica sta funzionando...
Non è necessario arrivare a farsi male davvero.. anzi! ma non battere prima del dovuto, resistere un istante di più, permettere al
compagno di lavorare nella maniera corretta, sono tutti modi per imparare di più sul proprio corpo e sulla propria forza di Volontà.
D'altra parte è vero anche il contrario, non è necessario far provare dolore ogni volta che si pratica la stessa tecnica, ogni tanto la tecnica va "tirata di più", ma far male sistematicamente al compagno che "ci presta il suo corpo per imparare" è scorretto e fondamentalmente sbagliato.
D'altra parte il
dolore è veramente parte integrante dello studio delle arti marziali? E' sempre
necessario?
Devo dirmi estremamente fortunato di avere con me un allieva
ammirevole e che mi sta insegnando moltissimo a proposito... 70 anni, pacemaker, artrite, varie patologie fra cui alcune molto gravi..
Eppure pratica
Si presenta sul tatami con tutti i suoi dolori e i suoi problemi e pratica, facendo tutto ciò che è in suo potere per imparare al
meglio, per fare tutto quello che fanno gli altri.
Il dolore si legge spesso nei suoi occhi, ma è tenuto a bada dalla determinazione e dalla forza di volontà.
Cavolo
Lei può insegnare a tutti noi che abbiamo minimo vent'anni di meno qualcosina sulla "sopportazione del dolore" e su come superarlo
per poter praticare...
Proprio grazie a Lei ho cominciato a studiare la nostra scuola con un occhio diverso e farmi delle domande.....
e sono giunto ad una mia personale (e magari sbagliata) opinione:
I Kata base del Moto Ha Yoshin Ryu Jujutsu si chiamano
KIHON NO KATA e KIHON OKU NO KATA (Kata dei Fondamentali, e Kata avanzato dei Fondamentali)
Come in tutte le tradizioni giapponesi più antiche e profonde, tutta la scuola si può tranquillamente apprendere dai Kata base.. nei movimenti
apparentemente semplici dei Fondamentali, è nascosto tutto.. ogni movimento, ogni "segreto", ogni principio fondante e
caratterizzante di questa scuola può essere desunto ed appreso
semplicemente studiando queste forme basilari.
Infatti Soke Yasumoto, Fondatore del Moto Ha Yoshin Ryu,
afferma che il Jujutsu è fondato su tre pilastri
: Tai Sabaki, Tenouchi e Kuzushi.
Ogni Marzialista degno di questo nome conosce questi termini, ma li riassumo velocemente per i neofiti:
Tai Sabaki : Viene spesso tradotto con "spostamento del corpo", ma
il verbo Sabaku significa anche "Gestire, amministrare" e quindi è più giusto tradurlo con un "gestire il corpo" sottintendendo che, muovendosi, il corpo deve rimanere in posizioni comode ed equilibrate.
Tenouchi :
"Dentro la mano", che indica il modo di praticare senza afferrare
l'avversario.. un modo che mi piace descrivere come "afferrare senza afferrare", strettamente legato all'uso
della spada ed al modo di impugnarla stringendo solo con le ultime
tre dita della mano.
Kuzushi "demolire", cioè la capacità di "sbilanciare" l'avversario iniziando dall'istante in cui viene effettuata la presa, ma che più esotericamente si può dire inizi nel momento stesso
del contatto visivo..
I kata base nascono per insegnare esattamente questo.. e lo fanno attraverso "tecniche" e "principi", molte di queste
tecniche sono leve articolari (Gyaku),altre sono proiezioni (Nage,
Lanci) ma non bisogna pensare che il kata serva ad insegnare queste..
Non dobbiamo
confondere il metodo di insegnamento con il soggetto dell'insegnamento..
Quindi lo scopo ultimo dei Kata non è insegnare 10 tecniche, e nemmeno 10
Principi....
lo scopo ultimo dei Kata è insegnare quei tre piccoli e semplici
concetti...
Ed allora, se si comprende questo, si comprende anche che Uke non deve per forza fare resistenza su Tori.. e tornano in mente tutte le volte che Soke Yasumoto
puntualizza che Uke non deve AFFERRARE, stringere.. perchè non è utile a ciò che il Kata vuole
insegnare.
In più, restando
più morbidi, si toglie enfasi all'attacco in Se e per se, Tori
non si concentra più sull'idea di liberarsi dalla presa, di rompere la forza dell'avversario.. si concentra di più su se
stesso e sullo studio di quei tre benedetti
pilastri.
Eppure tutti si
concentrano sul capire come fare, ad esempio, kotegaeshi in modo più
efficace, ignorando che la leva è solo l'ultima e neanche
la più importante cosa che viene insegnata dal
kata.
Questo non vuol dire che non si debba mai fare resistenza, non si debba mai sentire dolore, non si debba mai usare la forza...
Vuol dire solo che
per studiare la BASE, queste cose non sono necessarie e, anzi, sono
deleterie
all'apprendimento.
In più mi sono
reso conto che in questo modo si limita, e di molto, la possibilità di infortuni e microtraumi sul
tatami..
Epicondiliti, dolori alle ginocchia,
tendiniti..
sono tutti segnali che la pratica è troppo dura, dolorosa,
forzata.
Se invece pratico i Kata base nel modo corretto, imparerò a non farmi male, a non
fare male e ad utilizzare i fondamenti della scuola per applicare le
tecniche.
Ogni praticante
potrà poi decidere, secondo la propria esperienza e possibilità, il livello a cui
giungere..
La mia allieva di cui sopra potrà continuare a praticare anche con tutti i suoi limiti, sapendo che non si farà del male, mentre il giovane più irruento potrà cercare di applicare le tecniche in modo più aggressivo e fisico, avendo però la consapevolezza di quali sono i
limiti.
Perchè quando il marzialista avrà interiorizzato la tecnica, compreso il legame fra i tre pilastri, assorbito veramente l'insegnamento del Kata, ALLORA potrà iniziare uno studio fatto di pratica più libera, di forzature, di attacchi più
realistici.
So già che ci sono dubbi e critiche su questo punto, in tutti gli sport da
combattimento, nelle arti marziali miste, nei sistemi di difesa si insegnano da SUBITO cose che nelle arti
tradizionali ci si mette Anni ad imparare..
Ma è veramente
così?
Il sistema dei
Kata è un sistema codificato per insegnare dei principi in modo sicuro e pratico,ma non necessariamente
breve.
Chi vuole apprendere più velocemente deve solo studiare di più, praticare di più,
sudare di più ma non necessariamente soffrire di più.
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